I libri e il femminile

Mi è tornato alla mente un episodio al quale ho assistito circa un anno fa. Mi trovavo in libreria quando, ancora immersa nelle mie solite elucubrazioni e presa dal desiderio di comprare ogni testo presente in quel luogo, m’imbatto in una conversazione fra madre e figlio. Il bambino si dimena furioso: alla proposta del genitore di acquistare un libro, il piccolo, con molta veemenza, declina l’offerta. Curiosa di comprendere il motivo di tanto astio, mi sporgo in avanti per vedere di quale testo si trattasse: è Piccole donne.

Il bambino, poi, informa la mamma che di certo non avrebbe preso un libro “per le femmine”: desiderava una storia avventurosa e non un racconto noioso su quattro ragazzine. Al di là dei gusti insiti in ogni persona, di qualunque età e genere, è bene soffermarsi sulle motivazioni che hanno potuto spingere il piccolo lettore a una scelta del genere.

Siamo soliti credere che, i libri scritti da femmine, non solo siano di genere rosa ma siano un tedio da scacciare, banale e per nulla coinvolgente.  In sostanza, si attribuisce valore al maschile e si ha una concezione del reale intrisa di menzogna.

 L’episodio mette in luce più aspetti sui quali desidero soffermarmi.

  1. Mascolinità tossica: sin dall’infanzia si inculca l’idea che i sentimenti, le emozioni e l’amore siano prerogativa femminile. Ciò conduce, inevitabilmente, ad avere futuri adulti repressi perché non avranno avuto, in passato, la libertà di verbalizzare il loro sentire interiore. E’ fondamentale spiegare ai maschi l’importanza catartica del pianto e che la fragilità è un seme di speranza. Se si concede loro la possibilità di esternare le lacrime e parlare dei propri malesseri saranno sicuramente più spensierati.
  2. Il femminile non è rosa: la letteratura scritta da donne non è necessariamente improntata su storie d’amore e romantiche avventure. La nostra società tende a rendere il femminile come categoria a sé, come se si discostasse dal maschile. Le idee impresse nei romanzi non hanno nulla a che vedere con il genere: una donna potrà raccontare una storia di pirati e un uomo scrivere poesie d’amore strappalacrime.
  3. L’editoria non è femmina: i nomi – e a stabilirlo sono le statistiche stesse – nell’editoria italiana sono prettamente maschili. In percentuale, gli uomini sono più letti rispetto alle donne e vengono pubblicati di più rispetto alla controparte femminile. Ciò porta a valorizzare la cultura maschile e a depotenziare il ruolo professionale delle donne. Non riconoscendo lo stesso valore e numero di copie/pubblicazioni alle donne tanto quanto agli uomini, si crea l’idea che il sapere sia detenuto solo da una parte e che alle femmine spetti solo un minuscolo spazio.
  4. Sapere per tutti: vi è un pregiudizio molto radicato nella nostra società: le donne si possono occupare solo di argomenti delicati, sentimentali e leggeri; gli uomini possono dedicarsi a complessi temi come la politica, l’economia e la scienza. Eppure, le persone sono portate per determinate materie, siano esse scientifiche o umanistiche, a prescindere dalla lettera F o M sul certificato di nascita.

Al netto di ciò, esorto sempre a leggere scevri di pregiudizio e a comprare i testi senza credere che una donna possa scrivere di un solo argomento: pensarlo è piuttosto limitante, e ovviamente, maschilista. Se desiderate una società equa, fate attenzione a ciò in cui credete.

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