Il segreto di Medusa

Sono legata al mito.

È una relazione profonda, un filo impossibile da recidere. In esso scorgo echi di passato e ataviche bellezze. È ciò che mi accompagna lungo la via della conoscenza: tramite le antiche leggende posso scoprire me stessa, mostrarmi intera in un percorso complesso. Ritengo sia uno strumento indispensabile per comprendere la realtà, una chiave di lettura utile per osservare il mondo sotto un’altra prospettiva.

Sono solita leggere, inoltre, romanzi che rivisitano la mitologia. Mi piace immergermi in storie che hanno il gusto del presente e le impronta di tempi lontani. Ho avuto modo di lasciarmi ammaliare dalla Atwood con “Il canto di Penelope” e dalla Miller con “Circe”. Volevo, però, ampliare le mie letture.

Qualche giorno fa, allora, presa dal desiderio di scoprire nuove autrici, sono giunta in libreria e, tra i tanti scaffali, ho notato un testo interessante: “Il segreto di Medusa” di Hannah Lynn. Il romanzo ripercorre la storia della giovane Medusa, una delle tre Gorgoni, colei che aveva il potere di pietrificare chiunque osasse rivolgerle lo sguardo. La sua storia è ben nota, intrecciata alla figura eroica e violenta di Perseo.

La scrittrice fa della Medusa una donna che si trova a essere un mostro perché tutti la considerano tale. La fanciulla, infatti, verrà maledetta, senza alcuna colpa, da Atena. La dea le impone un grande sofferenza: ella sarà costretta, insieme alle sue sorelle, a tenere un orrido aspetto.

Mi piacerebbe soffermarmi, però, su un aspetto specifico del romanzo. Nei primi capitoli, infatti, la giovane Medusa è sacerdotessa del tempio di Atena. Ella ha un animo buono e pronto a schierarsi contro le ingiustizie. Accoglie tante femmine vittime di violenza. Sono donne giovani e vecchie, tutte costrette a doversi sposare e andare nelle mani di uomini malvagi e maschilisti, lussuriosi e privi di empatia. Sono maschi senza ritegno, incapaci di provare un minimo di rimorso: considerano le donne di loro proprietà, le maltrattano, violentano e, infine, le uccidono.

Hannah Lynn, dunque, parla di femminicidio e vi riesce con uno stile chiaro e conciso, senza maschere di pudicizia. Sebbene il quadro da lei creato restituisca un’immagine difficile da digerire, credo che sia doveroso leggerlo e analizzare ogni passaggio, punto per punto. Il romanzo, infatti, non si discosta dalla nostra società patriarcale ma, anzi, la mette a nudo e prova a manifestarla senza reticenze. La scrittrice, a mio avviso, vuole mostrarci la verità che tentiamo di seppellire e considerare normale, o un banale incidente. Le donne non muoiono per sbaglio. Esse vengono ammazzate per il genere di appartenenza, per la colpa di essere femmine. Sono vittime di un sistema sbagliato che fa credere agli uomini che siamo solo mero oggetto da possedere.

Più vi addentrerete nel testo, più vi accorgerete che i veri mostri non sono coloro i quali hanno zanne e artigli o un aspetto brutale: sono i nostri compagni, padri, zii e amici a farci del male. E questo, per quanto doloroso, va ricordato. Sta a noi smantellare una cultura sanguinosa: gli uomini devono capire in quale contesto si muovono ed educarsi al rispetto, le donne alzare il capo e combattere, ancora una volta, per sé stesse. Buona lettura!

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