L’utopia della libertà: Alessia Piperno

Alessia Piperno, 30 anni appena compiuti, romana, globe trotter, è stata arrestata il 28 settembre insieme ad altri amici di varie nazionalità europee in Iran, paese in cui si trovava da circa due mesi. E’ il padre a dare l’allarme, non la sentiva da quattro giorni e poi ha ricevuto una telefonata dalla stessa Alessia che chiedeva aiuto da una prigione di Teheran.

Le circostanze che hanno portato all’arresto non sono chiare, si ipotizza che il regime Iraniano l’abbia scambiata per un’attivista delle recenti proteste per la morte di Mahsa Amini che stanno scuotendo il paese, oppure che la ragione sia la festa di compleanno organizzata per i suoi 30 anni con torta, amici, palloncini dorati e cappellini da festa (in Iran è vietato per legge festeggiare il compleanno in alcuni luoghi e soprattutto in modo vistoso). Altri credono in una segnalazione partita da un Iraniano che l’aveva aiutata ad allungare il permesso di soggiorno poco tempo prima.

I media iniziano a diffondere la notizia e i social danno voce all’opinione pubblica. Tra gli accorati appelli per la sua liberazione e le dimostrazioni di solidarietà alla famiglia spuntano le critiche che la vogliono dipingere come un’avventata ragazza che se l’è andata a cercare, giudicando le sue azioni e il suo viaggiare da sola in giro per il mondo. Sinceramente ho pensato: “Ecco la colpevolizzazione della vittima che ci permette di sentirci più sicuri nelle nostre piccole vite.”.

Se non fosse in viaggio da sola, da sette anni ma in vacanza da 15 giorni con la famiglia e avesse fatto le stesse cose forse nessuno la giudicherebbe? Se fosse un uomo, come Alberto Angela rapito in Niger nel 2022, forse nessuno direbbe che è colpa sua?

Oppure a prescindere è giusto pensare che uomo o donna, in questo momento storico l’Iran non è una meta consigliata per il popolo occidentale e che Alessia ha inanellato troppe ingenuità?

Di sicuro, se ci sono delle colpe di Alessia, una è quella di essere una viaggiatrice in un mondo dove l’indipendenza delle donne e parte degli stessi diritti umani sono palesemente negati, come in Iran, o comunque mai davvero acquisiti fino in fondo e dati per scontati, come in Italia. Come la democrazia anche la libertà negli ultimi anni si sta dimostrando un’utopia.

Ho deciso di guardare i sette anni di viaggio che questa ragazza ha condiviso sui social dall’account Instagram @travel.adventure.freedom e soprattutto di leggere le sue parole, per provare ad intravedere chi è Alessia.

Nel 2016 è partita da Roma per l’Australia, una ragazza con uno zaino e uno smartphone che fa le cose che fanno tutti i ragazzi in viaggio, fotografa scorci di natura e città, animali, cibo e monumenti.

Dall’Australia a Samoa, da Bali all’India, dallo Sri Lanka all’Islanda, da Panama all’Honduras, dal Marocco al Pakistan ed infine all’Iran.

La mia impressione è che Alessia sia partita come una ragazza di 23 anni che cerca se stessa lontano da casa e fotografa tramonti e animali, centrata più su di sé, come è giusto che sia, tormentata dal capirsi, dal cercare di scoprire il perché brama il viaggio, il perché non riesce a stare ferma in un luogo.

Nel tempo il tenore delle sue foto e dei suoi testi muta, evolve, diventa una globe trotter che si immerge e si fa riempire dalla vita dei paesi che visita, non più solo una turista, accoglie il cibo, le usanze, la cultura e le fragilità, fotografa bimbi, donne, villaggi, povertà ma anche tanti occhi felici. A volte è senza soldi, dorme in tenda e deve trovare un lavoro anche da 14 ore al giorno per pagarsi il prossimo viaggio, soffre terribilmente nel sentirsi incastrata in una realtà convenzionale, ma cresce, conosce, capisce le realtà e le culture a cui si avvicina, tra l’altro sempre con estrema delicatezza.

Alessia scrive “Non sono andata via dall’Italia per cercare un posto migliore della mia città, non sono andata ai tropici e nemmeno in un posto in cui la gente potrebbe invidiarmi, invece dire che ho deciso che viaggiare per me vuol dire andare in un posto diverso da casa tua, e viverlo, cosa che non è sempre piacevole.”.

Ed infine a luglio di quest’anno arriva in Iran, affascinata dal paese, ignara che le cose possano precipitare tanto velocemente scrive: “Tante persone credono a qualsiasi propaganda sentita dai media su quanto sia pericoloso viaggiare in questa terra. Ecco, fatemi il piacere, buttatela la televisione.”

Poche settimane dopo invece, rimane profondamente colpita da quello che vede intorno a sé, dalle proteste per la libertà delle donne Iraniane, e il 26 settembre scrive “Eppure per quanto possa essere la decisione più saggia da prendere, io non ci riesco (si riferisce a lasciare l’Iran n.d.a.). […] Noi europei non sappiamo nulla di questa gente […] stanno manifestando per la loro libertà […] “Non hai paura?” ho chiesto ad Hamid pochi giorni fa, prima che uscisse a protestare, “Certo che ho paura, ma se continuiamo a vivere nella paura e nel silenzio, non vedremo mai la libertà”. E così, in Iran, Alessia capisce che è fortunata, solo per essere nata in Italia e che dopo aver preso tanto dal mondo vuole sdebitarsi, donando agli altri tutta l’energia che la muove: decide il giorno del suo compleanno che a breve partirà per andare in Pakistan a ricostruire un villaggio distrutto dall’alluvione. Anche qui scorgo un’evoluzione.

Alessia ha sempre rispettato le usanze del paese in cui si trovava, capo coperto compreso, ha però pensato di poter scambiare qualche parola con chi partecipava alle manifestazioni, non essendoci lei andata in prima persona, ha anche pensato di poter scrivere sui social italiani, nella sua lingua, quello che vedeva e le raccontavano, ha addirittura pensato di poter festeggiare il suo compleanno. Lo ha pensato, perché riteneva erroneamente di essere libera.

A.P.

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.