Genere, sessualità, romanticismo e apparenza 2/2

Dopo aver parlato di genere, il “sé” di una persona, continuerò ad essere il vostro Caronte attraverso quel tumultuoso Stige che è l’essere umano parlando di orientamento sessuale.

Nessun obolo è richiesto, rilassatevi e godetevi il viaggio!

La prima cosa da sapere è che anche qui le cose non sono così semplici. L’orientamento sessuale può essere scisso in attrazione emozionale, romantica e sessuale, e non è detto che coincidano. Essere attratti sessualmente solo dal genere opposto, per esempio, non vuol dire per forza che ci si può innamorare solo di persone che appartengono a quel genere.

«È scientificamente provato che l’orientamento sessuale non è una scelta. Secondo l’American Psychological Association, l’orientamento sessuale “si riferisce anche al senso di identità di una persona basato su quelle attrazioni, comportamenti correlati e l’appartenenza a una comunità di altri che condividono quelle attrazioni”. Androfilia e ginefilia sono termini usati nella scienza comportamentale per descrivere l’orientamento sessuale come alternativa a una concettualizzazione binaria di genere. L’androfilia descrive l’attrazione sessuale per la mascolinità; la ginefilia descrive l’attrazione sessuale per la femminilità.

Gli scienziati non conoscono ancora la causa esatta dell’orientamento sessuale, ma teorizzano che sia causato da una complessa interazione di influenze genetiche, ormonali e ambientali. Sebbene nessuna singola teoria sulla causa dell’orientamento sessuale abbia ancora ottenuto un ampio sostegno, gli scienziati preferiscono teorie basate sulla biologia. Ci sono molte più prove a sostegno delle cause biologiche dell’orientamento sessuale rispetto a quelle sociali, specialmente per i maschi. Non ci sono prove sostanziali che suggeriscano che le esperienze genitoriali o della prima infanzia abbiano un ruolo per quanto riguarda l’orientamento sessuale. In tutte le culture, la maggior parte delle persone è eterosessuale, con una minoranza di persone che hanno un orientamento omosessuale o bisessuale. L’orientamento sessuale di una persona può essere ovunque su un continuum, dall’attrazione esclusiva per il sesso opposto all’attrazione esclusiva per lo stesso sesso.»
https://it.wikipedia.org/wiki/Orientamento_sessuale

Uno dei primi tentativi, se non l’unico in ambito moderno, di definire la sessualità lo dobbiamo al biologo e sessuologo statunitense Alfred Kinsey che, a fine anni ’40, ha condotto la prima vasta inchiesta statistica nel campo del comportamento sessuale umano. Tale inchiesta ha portato alla realizzazione della scala che prende il suo nome.

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La scala Kinsey ha 8 punti identificati come segue:

0 Esclusivamente eterosessuali.

1 Eterosessuali, ma in alcune circostanze con tendenze omosessuali.

2 Eterosessuali, ma con una forte componente omosessuale.

3 Le tendenze eterosessuali e omosessuali si equivalgono (bisessuale).

4 Omosessuali, ma con una forte componente eterosessuale.

5 Omosessuali, ma in alcune circostanze con tendenze eterosessuali.

6 Esclusivamente omosessuali.

X Non presentano attrazioni sessuali.

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Oramai è superata, abbiamo capito che l’attrazione sessuale così come quella romantica e l’identità di genere, è uno spettro che può esser fluido e non una scalinata, ma resta un buon punto di partenza.

Ai due capi di questo spettro abbiamo sempre eterosessualità e omosessualità, ossia l’attrazione verso il genere opposto o il proprio, rispettivamente. Tutto quello che è nel mezzo (i numeri da 1 a 5 nella scala Kinsey) è bisessualità. Se non si prova attrazione di alcun tipo (la X), siamo nel campo dell’asessualità. Una scala simile può essere immaginata per l’attrazione romantica.

Essendo però la sessualità e il romanticismo, appunto, due spettri, le ultime due voci sono anche dei termini ombrello. Ci sono alcune discussioni anche all’interno della comunità stessa, ma come linea generale:

Bisessualità/Biromanticismo

Bi-: attrazione verso due o più generi, il genere ha influenza sull’attrazione
Poli-: attrazione verso due o più generi, il genere non ha influenza sull’attrazione
Omni-: attrazione verso tutti i generi, il genere ha influenza sull’attrazione
Pan-: attrazione verso tutti generi, il genere non ha influenza sull’attrazione

Asessualità/Aromanticismo

Grey-: prova attrazione solo in minima parte
Demi-:
l’attrazione arriva solo in seguito alla formazione di uno stretto rapporto
A-: non prova alcun tipo di attrazione

Essere asessuali non ha niente a che vedere con il celibato e la volontà o meno di avere un rapporto sessuale, quello che manca è proprio l’attrazione in sé a differenza che nelle persone allosessuali (coloro che provano attrazione). Questo non vuol dire necessariamente che le persone nello spettro asessuale non possano, o non vogliano, fare sesso, solo non è un bisogno per loro. Si parla, in questi casi, di “sex positive” (chi ha un atteggiamento positivo verso il sesso), “sex neutral” (l’atteggiamento è neutrale), “sex negative” (l’atteggiamento è negativo) per quello che riguarda il contesto culturale, ossia la visione del sesso nella società, e “sex-favorable” (favorevoli al sesso), “sex-indifferent” (indifferenti al sesso) e “sex-averse/sex-repulsed” (avversi al sesso) per quello che riguarda il contesto personale. Per esempio, una persona ace (abbreviazione di asexual) può essere sex positive, ossia vedere di buon occhio il sesso rappresentato nella società), ma essere sex-averse, e quindi non voler mai partecipare ad atti sessuali. In alcune persone sex-repulsed questa avversione arriva a comprendere anche baci, mentre per altre le dimostrazioni di affetto non creano problemi.

Ci possono essere altri tipi di attrazione più specifici, che possono confondere, ma in genere non sono usati al di fuori della comunità. Rientrano per lo più nella zona grigia dell’asessualità e servono, come la maggior parte delle “etichette”, ad aiutare le persone interessate a comprendere meglio sé stesse e a trovare un gruppo di persone che le comprenda, più che un modo per essere identificati dagli altri.

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Altre fonti_

https://it.wikipedia.org/wiki/Scala_Kinsey

https://www.asexuality.org/

https://iosonominoranza.it/gray-asessuali-demisessuali-aromantici-cosa-sono/

Genere, sessualità, romanticismo e apparenza. 1/2

Quando la mamma e il papà si vogliono tanto bene, il papà dà il semino alla mamma, che lo conserva per nove mesi finché non nasce il bambino, o la bambina.
Una storia semplice per una realtà molto più complicata.
Non importa quanto uno abbia studiato, quanto sia intelligente e quanto sia aperto di mente, probabilmente il concetto di uomo e donna come binomio fisso è uno dei punti cardini della vostra vita, come il fatto che la Terra giri attorno al Sole. E appena sentite parlare di ‘gender’ o ‘LGBTQIA+’ vi scende un brivido lungo la schiena. Cosa sono queste diavolerie?!

Cercherò di spiegarlo anche se non sono un’esperta, ma solo qualcuno che ha dovuto imparare a conoscere l’argomento per conoscere sé stessa.

Quando parliamo di uno o più di questi termini andiamo a parlare dell’identità sessuale di una persona. Questo termine indica quell’insieme di elementi che sono parte della comprensione profonda che ciascuno di noi ha di sé stesso come essere umano sessuato.
Sono quattro e come prima cosa credo che sia necessario dividerli in due macro gruppi: uno è quello del “gender” (sesso, identità e ruolo di genere); l’altro è quello dell’orientamento (sessuale e romantico).

Iniziamo dalla parola gender in sé, spauracchio di molti.

È una parola inglese che significa letteralmente “genere” e vede il suo salire alla cronaca in ambienti femministi nel 1995, quando durante la Conferenza mondiale sulle donne viene usato al posto di un più tranquillo e rassicurante “sex” (sesso) e crea, quindi, agitazione nelle organizzazioni pro-famiglia. Due anni dopo, Dale O’Leary, medica statunitense antifemminista, legata all’Opus Dei e collaboratrice dei centri di terapia di conversione per omosessuali, scrive un libro sulla “gender agenda” che porta alla nascita della teoria del gender.

«Teoria del gender è un neologismo (…) coniato in ambienti conservatori cattolici negli anni 90 del XX secolo per riferirsi in modo critico agli studi scientifici di genere: chi fa uso di tale espressione sostiene che gli studi di genere sottendano un complotto predefinito mirante alla distruzione della famiglia e di un supposto ordine naturale su cui fondare la società. In sostanza, l’espressione “teoria del gender” è un termine ombrello usato come parola d’ordine di opposizione ai movimenti femministi e LGBT, di opposizione alle lotte, rivendicazioni e teorie che tali movimenti hanno elaborato e prodotto.
A questa “teoria gender” o “agenda gender” (presentata a seconda delle occasioni come filosofia progressista, teoria sociologica o ideologia di sinistra) viene imputato di propagandare l’inesistenza di differenza tra i sessi biologici, da ciò discendendo la possibilità di variare il proprio sesso a piacimento.
(…)
Altresì il termine teoria del gender è largamente usato come espediente retorico al fine di prendere posizione contro i diritti LGBT e il femminismo, inferendo che i movimenti che propugnano tale teoria, benché eterogenei, nascondano una strategia politica unitaria.»
https://it.wikipedia.org/wiki/Teoria_del_gender

Ora, so che la parola di una signora nessuno quale son io ha ben poco valore, ma permettetemi di dire che un complotto del genere è paragonabile solo a quello sugli alieni nell’Area 51, e si può rispondere con le stesse obiezioni: possibile che il mondo non riesce ad andare d’accordo su niente, ma solo su quello che c’è da nascondere alla massa? E anche, voi avete saputo di un segreto conosciuto da centinaia, se non migliaia di persone che è rimasto tale per 30 e passa anni? 😉

Però, al netto delle risposte, spero vogliate seguirmi ancora.

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Accantoniamo la parola gender e le sue presunte teorie e piani per il dominio del mondo e parliamo di genere.
Cosa definisce il genere di una persona?
Finora abbiamo usato il sesso biologico.
Qui è facile, sono due: maschio e femmina. Lo dice anche la biologia: XX e XY… No?
No, ve l’avevo detto, la realtà è più complicata di quanto ci abbiano sempre fatto credere.
Sicuramente questi sono i casi più comuni, ma c’è una parte di persone che sono intersessuali.

«L’intersessualità è un termine ombrello che comprende diverse variazioni fisiche che riguardano elementi del corpo considerati “sessuati”, principalmente cromosomi, marker genetici, gonadi, ormoni, organi riproduttivi, genitali, e l’aspetto somatico del genere di una persona (le caratteristiche di sesso secondarie, come ad esempio barba e peli).
Le persone intersessuali sono nate con caratteri sessuali che non rientrano nelle tipiche nozioni binarie del corpo maschile o femminile. Nonostante queste variazioni generalmente non minaccino la salute fisica (solo in certe circostanze ci sono correlati problemi di salute), spesso le persone con queste variazioni biologiche subiscono o hanno subito una pesante medicalizzazione per via delle implicazioni della loro condizione rispetto al genere sociale.»
http://www.intersexesiste.com/cose-lintersessualita/

Queste variazioni non comportano di per sé una malattia, ma per molto tempo i dottori si sono permessi di decidere del destino di molti bambini, convincendo i genitori a sottoporre i neonati il cui “sesso” non era chiaramente definito a interventi chirurgici inutili il cui unico scopo era quello di incasellarli in una delle due definizioni socialmente accettate (maschio o femmina).
(Non è nemmeno da confondere con l’ermafroditismo, condizione rarissima negli esseri umani per cui si parla di “pseudo-ermafroditismo” o di Disordini della Differenziazione Sessuale.)

Una buona notizia è che nell’ultimo periodo, la comunità intersessuale si sta riappropriando della propria identità e si sta superando anche socialmente il concetto di “XX e XY” come uniche realtà.

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Quindi, cos’è il sesso biologico?

È uno spettro (parola che ricorrerà spesso in questa narrazione) ai cui poli ha “maschio standard” e “femmina standard” che, come ho detto, sono la maggioranza dei casi e quindi a lungo sono stati considerati come gli unici casi. Anche perché spesso le variazioni cromosomiche non lasciano tracce visibili ad occhi nudo, ma come moltissimi vi potranno confermare, ridurre la presenza delle persone intersessuali a delle anomalie è come dire che al mondo non esistano persone con i capelli rossi, ma solo persone con i capelli neri, castani, biondi e “rare anomalie” – entrambe le categorie stanno in percentuale al di sotto del 2% sul totale della popolazione mondiale.

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E il genere?

Il genere riunisce il sesso biologico, l’identità di genere e il ruolo di genere. È anch’esso uno spettro, e può essere fluido.

Se il sesso è legato strettamente a geni e cromosomi, l’identità di genere è il modo in cui una persona si percepisce. Quel senso di appartenenza che ti fa dire “sono una donna”, e non solo perché te lo hanno ripetuto fin dalla culla.

È un argomento su cui non c’è ancora una comprensione completa, nonostante ciò non è messo in dubbio che esista.

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Il ruolo di genere, o espressione di genere, invece, è tutto quello che è apparenza e che ci ha permesso fino ad ora di dire a colpo d’occhio se avevamo davanti un uomo o una donna. Come appariamo, come ci vestiamo, come parliamo e come agiamo, ecc.

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Se c’è la perfetta armonia tra queste tre caratteristiche (ossia, per esempio, il nostro sesso biologico è quello femminile, ci si sente donne e ci esprimiamo al mondo in accordo con le caratteristiche femminili) si è “cisgenere”(o cisgender, in inglese) – questo riguarda la stragrande maggioranza delle persone.
In caso di discordanza tra il sesso assegnato alla nascita (“assigned male/female at birth”, amab/afab, in inglese) e quello percepito, diciamo che la persona è transgender.

Questo termine è usato anche come termine ombrello per molti casi diversi. I principali:

Agender: la persona non si percepisce in alcun genere.

Bigender: la persona si percepisce come appartenente a due generi, non necessariamente maschile e femminile, non necessariamente entrambi nello stesso momento.

Demigender: la persona si sente parzialmente connessa con una particolare identità di genere. Es.: demiboy (qualcuno che si identifica solo in parte come uomo, al di là del sesso assegnato alla nascita, e può identificarsi anche in altri generi), demigirl (qualcuno che si identifica solo in parte come donna, al di là del sesso assegnato alla nascita, e può identificarsi anche in altri generi), demifluid (qualcuno il cui genere è parzialmente fluido, ma una o più parti restano fisse).

Female to male (FtM): letteralmente “(da) femmina a maschio”, usata per riferirsi alle persone transgender nate di sesso femminile. Oggi si preferisce usare la definizione “assigned female at birth” (afab).

Genderfluid: il genere della persona varia nel tempo, anche breve. Il modo più comune in cui avviene questo cambiamento è in risposta alle differenti circostanze.

Genderqueer: la persona è al di fuori del binarismo di genere.

Male to Female (MtF): letteralmente “(da) maschio a femmina”, usata per riferirsi alle persone transgender nate di sesso maschile. Oggi si preferisce usare la definizione “assigned male at birth” (amab).

Non binario (NB, o anche enby): la persona non si identifica nel binarismo di genere. Può essere un genere a sé e un termine ombrello per le identità all’interno dello spettro.

Pangender: la persona si identifica nella combinazione di tutti i generi.

Transessuale: termine che sta andando via via in disuso per le implicazioni che riguardi la ‘riassegnazione del sesso biologico di una persona’ (pratica non necessaria; e sempre più persone trans*binarie non scelgono di sottoporsi all’operazione chirurgica).

Trigenere: la persona si colloca tra o all’interno del comportamento tipico maschile, femminile e di un terzo genere.

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Si può anche essere gender nonconforming (gnc, non conformi al genere), quando non ci si conforma, appunto, alle aspettative che corrispondono al genere in cui ci si identifica.

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Un ultimo argomento da toccare è quello del linguaggio inclusivo.

Il binarismo di genere è intriso in ogni aspetto della nostra vita e, ovviamente, la lingua non fa eccezione. In italiano non abbiamo un “neutro” o la possibilità di non specificare il genere in maniera snella, così come invece avviene in inglese, per esempio. È un dato di fatto, nessuno lo mette in dubbio; quello che invece sembra non essere conoscenza comune è che le lingue non sono dei monoliti inscalfibili. Il linguaggio lo fa la gente, le parole nascono e muoiono a seconda che le persone le usino o meno. Dizionari e associazioni, come l’Accademia della Crusca in Italia, non dettano regole, si limitano a rilevare e studiare l’evoluzione della lingua che ne fa la gente che la parla, e ad indirizzare sul più corretto uso secondo la grammatica e l’ortografia (anch’esse mutabili in caso di un maggiore o minore uso da parte degli scriventi – es. si sta assestando l’uso di “gli” anche per il plurale: ‘Ho visto Paolo e Luca e gli ho detto che…’, al posto di “(a) loro”: ‘Ho visto Paolo e Luca e ho detto loro che…’).

Per questo l’utilizzo di un linguaggio il più possibile inclusivo non è uno storpiare, non conoscere, ignorare quelle che sono le regole della nostra grammatica, ma un usarla a vantaggio di tutti. L’introduzione di nuovi pronomi e di un neutro viene incontro al diritto e alla necessità di ognuno di essere riconosciuto e rispettato per quello che è.

In Italia siamo appena all’inizio, ci sono proposte e discussioni che, ovviamente, coinvolgono anche i linguisti (giusto per citare un nome, senza voler far torto a nessuno, Vera Gheno è una delle più attive al riguardo), ma siamo lontani dall’avere una soluzione definitiva.

La proposta che sembra stia prendendo piede è partita proprio da Gheno che, in maniera volutamente scherzosa, nel 2019 propose l’uso della schwaǝ- (che viene usata per il singolare, mentre la schwa lunga –з- è usata per il plurale), ma solo il tempo e le persone potranno dirci se sarà questa la versione definitiva o se troveremo di meglio.

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Gif. Riassunto grafico dell'articolo. Il corpo stilizzato di una persona, colorato di verde, in cui una macchia rosa si estende sui genitali. Una freccia indica "sesso biologico" e una barra illustra lo spettro tra l'uomo e la donna. Una macchia azzurra colora la testa e una freccia indica "identità di genere". Poi c'è un triangolo ai cui vertici c'è scritto "uomo", "donna" e "terzo genere". Fuori dal triangolo c'è scritto "agender" e a metà tra esterno e interno "non binario". dai tre angoli si spandono tre colori che si fondono l'un nell'altro.
Una macchia gialla avvolge tutta la figura e una freccia indica "espressione di genere", sotto una barra simile alla prima mostra lo spettro tra maschile e femminile.
Riassunto grafico a titolo esemplificativo degli spettri del sesso, dell’identità di genere e dell’espressione di genere.

Grazie a Ruggero e Sara per la consulenza nella stesura di questo pezzo.

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Altre fonti:

https://it.wikipedia.org/wiki/Identit%C3%A0_di_genere

https://psiche.santagostino.it/2017/12/05/identita-sessuale-facciamo-punto/

https://gender.wikia.org/wiki/Gender_Wiki

https://forum.emptyclosets.com/index.php?threads/a-gender-identity-and-sexual-romantic-orientation-chart.411811/

https://www.valigiablu.it/linguaggio-inclusivo-dibattito/

https://italianoinclusivo.it/

Caro diario…

[Questa è una storia di fantasia, ma si basa su fatti e avvenimenti reali, sia nel grande sia -in parte- nel piccolo. Vengono affrontati temi delicati, tra cui la malattia di bambini molto piccoli e il lutto.]

Caro diario…

Ma dovrei scrivere ancora ‘caro diario’ a più di 50 anni? Non è nemmeno un diario, solo una penna e un foglio di carta che ho trovato abbandonati sulla libreria. Non so nemmeno perché sto scrivendo, ma a quanto pare ne ho bisogno…
Ho visto una serie TV sul disastro di Chernobyl. Non avrei dovuto, ma credevo che il tempo passato fosse stato sufficiente a non finire sommersa dai ricordi. (È stato chiaro da subito che non era vero, ma era troppo bella per smettere di guardare.)

Mi sono distratta a guardare fuori dalla finestra, quell’impeto che mi aveva portato a scrivere si è congelato. L’adrenalina mi ha abbandonato e inizio a sentire la stanchezza, eppure ormai che ho avuto questo coraggio voglio arrivare fino in fondo. Dicono che scrivere faccia bene. E che danno può fare il provarci?

Non avevo nemmeno vent’anni allora, la Guerra Fredda stava agli sgoccioli anche se ancora non lo sapevamo, e la primavera aveva fatto sbocciare i fiori come sempre. Ma non era una primavera come tutte le altre, né per me né per il resto d’Europa.
Io ero incinta, il mio primo figlio, e avevo iniziato da qualche mese una vita da sposa novella. Mi ero dovuta sposare in fretta e furia perché allora si faceva così, le nostre famiglie erano entrambe vecchio stampo. Col senno di poi…
Ma questa è un’altra storia.

Saranno trentacinque anni tra un paio di settimane o poco più, da che le TV di tutto il mondo hanno annunciato un incidente in una centrale nucleare in Russia… o da qualche parte lì vicino, era tutta “Russia” per me… Ci consigliavano di stare attenti a quel che mangiavamo e bevevamo, di non uscire di casa o per lo meno stare fuori il meno possibile, ma mi sembrava tutto così lontano da noi. Ed io, comunque, avevo altri pensieri. Le analisi, il corredo per il bambino (un maschio! Come ero contenta!!!), il trasloco a casa dei miei suoceri e le discussioni… oh, quante discussioni fin da subito con lei. Anche se stavamo in appartamenti diversi era difficile sfuggire al suo controllo, solo quando veniva mia madre ad aiutarmi avevo un po’ di pace.

Credevo che con la nascita di Alberto, alcuni mesi dopo, le cose sarebbero andate meglio, e all’inizio sembrava che fosse così. Ero stanca, dormivo poco e probabilmente mostravo dieci anni in più di quelli che avevo, ma ero felice. Il mese più bello della mia vita, nonostante la fatica e il sudore perenne tipico delle giornate estive.
Era un castello di carte.
E come succede ad ogni castello di carte, prima o poi crolla.
Può sembrare che tu sia riuscita a salvarlo, ma la mossa successiva lo farà cedere, è quasi certo.
La mia carta sbagliata è iniziata con dei pianti incomprensibili e un dottore incompetente – forse troppo giovane, forse solo svogliato di lavorare ad agosto mentre il nostro pediatra era in ferie.
“Non è niente, faccia questo, gli dia quest’altro…”
Quindi tornammo a casa sollevati.
Un sospiro di sollievo che durò poco, due settimane e siamo di nuovo in quella stanzetta con poster colorati alle pareti per tranquillizzare bambini più grandi del mio e informare i genitori.
C’era il nostro medico questa volta, quello che avevamo scelto.
Speravo di tornare a casa con uno sciroppo e alcuni consigli, ma fin da subito il suo sguardo fu terribilmente serio. Non disse molte parole, solo di prendere il bambino e andare dritti all’ospedale. Scrisse qualcosa su un foglio, ma non riuscivo a leggere. Sapevo solo tenere il bambino stretto a me mentre mio marito sfrecciava tra le macchine. Arrivati a destinazione lasciai con timore ma fiducia Alberto ai dottori. Non potevo far altro che aspettare e pregare.

La risposta fu di quelle che nessuno vorrebbe mai sentirsi dire: tumore.
Tumori, sarebbe più corretto. Gli angoli del suo corpicino che non mostravano macchie nella lastra erano molti meno di quelli malati.

Non riesco a scrivere quello che sono stati i due mesi seguenti, ma giuro che abbiamo fatto tutto il possibile, tutto quello che ci hanno detto andava fatto, anche se abbiamo dovuto combattere e difenderci da tutti. Da una parte da chi ci diceva che lo avremmo condannato per davvero facendolo operare; dall’altra da chi, con la scusa di capire o chissà cos’altro, mi accusava nemmeno troppo velatamente di non esser stata abbastanza attenta mentre quella terribile nube nera sorvolò l’Italia pochi mesi prima.
Non è servito a niente, ma almeno sono in pace con la mia coscienza.

Ho sentito un sacco di discussioni e speculazioni sul numero di bambini, e persone in generale, che si sono ammalati dalla fine di aprile ’86. Chi dice che è colpa dell’esplosione, chi dice di no… All’inizio era comodo riversare il mio dolore contro un colpevole, ma col tempo ho capito che era inutile arrabbiarsi con qualcosa che nemmeno esisteva più.

La serenità, però, credevo fosse perduta, e per anni ho vissuto una vita a metà. È stato solo quando, con il mio nuovo compagno, abbiamo deciso di aiutare due bambini, fratello e sorella, tramite il Progetto Chernobyl che sono finalmente riuscita a dare un senso a tutto quello che è successo. Aiutare quei bambini a guarire e passare del tempo con loro ha aiutato me a risanare quel dolore che, anche se non sparirà mai, viene sommerso dall’amore che posso usare per far del bene e che ricevo in cambio da loro.

Ecco, probabilmente questa malinconia è stata acuita anche dal fatto che lo scorso anno – e questo in corso non sembra andare meglio – non ho potuto vedere i miei ragazzi a causa del coronavirus. Mi manca riabbracciarli.

Però, ehi, è vero. Ora che ho potuto sfogarmi mi sento più leggera, anche se credo che getterò queste paginette. Niente di segreto, ma non voglio rischiare di ritrovarmele sotto gli occhi nei momenti meno opportuni.
Grazie, diario improvvisato.