Surface pressure

WE DON’T TALK ABOUT BRUNOOO! NO!NO!NO!

Non sono qui per parlare di Bruno, ovvero del nuovo tormentone della Disney che ha superato anche la cara Elsa e la sua “Let it go” BUT, senza farvi troppi spoiler, vi parlerò di un altro personaggio del film ENCANTO!
Il film di animazione Disney che ha come protagonisti i membri della famiglia Madrigal, una famiglia composta da un colorito gruppo di parenti con molti doni come il super udito, la possibilità di cambiare forma, far fiorire ogni cosa… 
Oggi vorrei prendere spunto dalla canzone di Luisa (che ha il dono della super forza) che ci parla di un argomento che noi ragazze conosciamo bene, la gestione della PRESSIONE e delle ASPETTATIVE.
Utilizzerò il testo originale della canzone perché, come capita ahimè spesso, per mantenere il ritmo, nella traduzione ci perdiamo sempre un po’ di significato.

I’m the strong one, I’m not nervous 
I’m as tough as the crust of the earth is
I move mountains, I move churches
And I glow ‘cause I know what my worth is
I don’t ask how hard the work is
Got a rough indestructible surface 
Sono la più forte, non sono nervosa
Sono tosta come la crosta terrestre
Muovo le montagne, muovo le chiese
E risplendo perché so qual è il mio valore
Non chiedo quanto è duro il lavoro
Ho una grezza indistruttibile superficie

Qui e dove ce la cantiamo e suoniamo da sole per affrontare le sfide della giornata. Non importa se parliamo del lavoro o della famiglia. Ci diciamo che siamo toste, che il lavoro duro non ci spaventa e che non ci lamentiamo di quanto possa essere difficile. Wonder Woman? Eccoci.

Under the surface
I feel berserk as a tightrope walker in a three-ring circus
Under the surface
Was Hercules ever like “Yo, I don’t wanna fight Cerberus”?
Under the surface
I’m pretty sure I’m worthless if I can’t be of service
Sotto la superficie
Mi sento impazzita come un funambolo che cammina in un circo
Sotto la superficie
Mi chiedo se Ercole abbia mai pensato “Ehy, non voglio combattere contro Cerbero!”
Sotto la superficie
Sono abbastanza sicura che non valgo niente se non posso essere utile

Sotto la superficie è un casino. Essere Wonder Woman è un casino. Dare sempre il massimo su tutto per paura che, se ci fermiamo o rallentiamo, non serviamo più a nulla.

A flaw or a crack

Pressure like a drip, drip, drip that’ll never stop, whoa
Pressure that’ll tip, tip, tip ‘till you just go pop, whoa
Una crepa o un crack
… 
La pressione come una goccia in una flebo non si ferma mai
La pressione ti farà inclinare, ribaltare fino a quando non ti farà scoppiare

Non avete mai pensato “Oh, se succede qualcos’altro esplodo!”. O chieste quanto tutto questo tentare di gestire sempre tutto ci possa logorare? Quando ho sentito per la prima volta la canzone, quel “drip drip drip” mi è entrato in testa perché era esattamente come mi sentivo in quel momento. Continuavo a sentire tutti i pesi che metaforicamente si appoggiavano alla mia schiena e sentivo quanto ogni “drip” pesasse.

...
Give her all the heavy things we can’t shoulder
Who am I if I can’t run with the ball?
If I fall to
Who am I if I can’t carry it all?
If I falter

Dalle tutte le cose pesanti che noi non possiamo sopportare
Chi sono se non posso correre con la palla?
Se cado?
Chi sono se non posso portare tutto?
Se vacillo?

Quante volte ci siamo sentite dire che siamo forti, che abbiamo le spalle larghe e che possiamo sopportare tutto? Quante volte ci siamo chieste “cosa succede se dico di NO o peggio, se fallisco?”

Under the surface
I hide my nerves, and it worsens, I worry something is gonna hurt us

Line up the dominoes
A light wind blows
You try to stop it tumbling
But on and on it goes
Sotto la superficie
Nascondo il mio nervosismo, sta peggiorando, temo che qualcosa ci farà del male
….
Le tessere del domino allineate
Soffia un vento leggero
Cerchi di impedire (alle tessere) di cadere
Una volta e una volta ancora

Ansia da prestazione ne abbiamo? Paura che tutto vada a rotoli senza che noi non possiamo intervenire per fermare tutto? Aggiungiamo tutto alla lista.

But wait
If I could shake the crushing weight of expectations
Would that free some room up for joy
Or relaxation, or simple pleasure?
Instead we measure this growing pressure
Keeps growing, keep going
‘Cause all we know is
Pressure like a drip, drip, drip that’ll never stop, whoa
Pressure that’ll tip, tip, tip ‘til you just go pop, whoa-oh-oh
Ma aspetta,
Se potessi scrollarmi di dosso il peso schiacciante delle aspettative
Ci sarebbe spazio per la gioia
O il relax o il semplice piacere?
Invece misuriamo questa pressione crescente
Che continua a crescere e crescere
Perché tutto quello che sappiamo è che
La pressione come una goccia in una flebo non si ferma mai
La pressione ti farà inclinare, ribaltare fino a scoppiare

Ogni tanto ci chiediamo cosa potrà mai accadere se, per un attimo, molliamo la presa? Se lasciamo che qualcun altro si occupi dell’ennesima emergenza lavorativa, di una capriccio del bambino, di comprare il regalo per il compleanno della prozia? Ma è davvero così grave se oggi non cucino e ordino una pizza? Se non passo l’aspirapolvere? Se non leggo quella mail arrivata alle 19? Se mi ritaglio un’ora di dolce far niente? Succede qualcosa? Crolla il mondo?
La frase chiave di questa canzone è “Se potessi scrollarmi di dosso il peso schiacciante delle aspettative”. Eccole le maledette ASPETTATIVE! Le nostre si sommano a quelle che gli altri hanno su di noi e questo genera ansia e malessere. Ripetete con me NO ALLE ASPETTATIVE.
Lo so, la sto facendo molto semplice ma iniziate a pensarci, partite dalle piccole cose! Prendetevi tempo, spazio, dite di no alla vocina nella vostra testa che dice che non siete abbastanza, che potete essere di più, che dovete essere di più. Dite NO a chi vi chiede di fare l’ennesima cosa in una giornata già piena, NO a chi vi chiede di organizzare o fare una cosa perché “tu sei così brava”. Troviamo spazi per respirare e decomprimere. Facciamolo per noi stesse in modo da non fare mai POP! (who-o!)

(NON POSSO NON LASCIAVI IL LINK DEL TORMENTONE DI BRUNOOOOO)

Reinventarsi attraverso la scrittura: Maid.

Nel calderone dei telefilm più commerciali per eccellenza, Netflix, raramente si trova qualche prodotto valido. Ancora più difficile se non si cercano protagoniste donne in storie d’amore patinate o fantascientifiche. Ogni tanto però emerge una miniserie, solitamente tratta da romanzi autobiografici,che riesce a catturare la tua attenzione e le tue emozioni. Questo è il caso di Maid, ispirata da ‘’Domestica: Lavoro duro, Paga Bassa, e la voglia di sopravvivere di una Madre’’ di Stephanie Land. In 10 puntate si soffre, ci si illude, si spera, si versa una lacrima. Vi accompagnerò in questo viaggio, cercando di fare pochi spoiler (perdonate un paio di anticipazioni funzionali all’articolo) così chi vorrà potrà gustarsi la dolceamara visione.

Alex non ‘’scappa da una vita difettosa’’.

Ho letto vari articoli -anche di siti o giornali famosi italiani- che tendevano ad infantilizzare la protagonista definendola una ragazzina o che presentavano la vicenda in maniera fuorviante. Alex è una ventenne, si una giovane madre di una bambina di quasi 3 anni, che seppur con poche decine di dollari in tasca decide di fuggire con Maddy da un compagno alcolizzato che l’abusa emotivamente. Amici e familiari faranno passare questa sua azione come un capriccio, come un dispetto al partner, sminuendo Alex e la sua coraggiosa iniziativa.

La serie mostra cosa succede prima che la situazione diventi fatale, quando si cominciano a schivare piatti e oggetti lanciati durante una lite. Sono i pezzettini di vetro che toglie dai suoi capelli e da quelli della figlia, a convincerla a fuggire e a cercare l’indipendenza economica.

L’America è una giungla se si hanno pochi soldi, e se non si ha un appoggio familiare. Alex dovrà affrontare un vero e proprio labirinto burocratico per accedere a sussidi che vanno dai buoni spesa ad un asilo pubblico, e senza l’appoggio di un centro antiviolenza per donne non ci sarebbe riuscita. Inizialmente lei dubita di essere una vittima di violenza, perché il compagno non è ancora fisicamente aggressivo, poi capirà le sfaccettature graffianti dell’abuso emotivo. Lui la trascina in tribunale dopo poco per la custodia della figlia, anche se si dimostrerà incapace di gestire Maddy. Tentare di togliere la figlia è uno strumento di controllo che Sean esercita, lui non è un mostro a tre teste, ma è una persona tossica che approfitta delle debolezze di Alex e in più occasioni dimostra la sua natura di molestatore.

‘’Il lavoro è tutto ciò su cui si può contare, il resto è fragile’’

Le dirà Regina, una ricca cliente con la quale Alex ha un rapporto altalenante, prima unicamente tra colf e datrice di lavoro, poi cambierà la dinamica. Questa massima ha una valenza importante, soprattutto per chi cerca di dimostrare alla società di poter essere in grado di mantenere la figlia in un mondo in cui nessuno ti regala niente. Nei lavori manuali come nel mondo delle pulizie non ci sono malattie retribuite, esistono solo pretese da parte di chi gestisce l’attività e la speranza di un rispetto reciproco  degli appuntamenti presi con i clienti. 

Tramite quest’esperienza occupazionale Alex riscopre la scrittura, lei fin da ragazza ha avuto questa passione creativa, aveva vinto una borsa di studio universitaria che ha abbandonato. In un quaderno annota le sue sensazioni, le stranezze dei clienti e delle loro case, imprime la distanza tra la solidità del denaro e la fragilità di chi è povero. La sua ancora di salvezza è la speranza di riuscire attraverso l’inchiostro e la sua fantasia di ritagliarsi una migliore posizione per lei e Maddy. Perché la scrittura è catarsi, è quell’angolo aperto a chiunque in cui nessuno può dirti che stai sbagliando, il posto in cui essere se stessi senza temere giudizi. La funzione terapeutica della creatività si rivelerà molto importante, tanto che Alex vorrà condividerla per aiutare le altre donne al centro antiviolenza. 

Quando i genitori sono persone tossiche.

La madre è Paula, una bohemien incallita bipolare che alterna episodi maniacali a depressioni, trascinando la figlia fin da piccola da una zona all’altra dell’America. Vittima lei stessa dei suoi amori, tende a metterli in primo piano rispetto alla figlia e alla nipote. Inaffidabile e sfuggente, non solo non supporta la figlia, ma le dice che non si abbandona ‘’un uomo quando cerca di rimettersi in sesto’’. Peccato che martirizzarsi sacrificando Maddy per non staccarsi da una vita in cui il padre preferisce comprare le birre, piuttosto che del cibo per la famiglia, non sia sano per nessuno.

L’unica cosa che Paula ha fatto per Alex è stato decidere di allontanarsi con lei bambina dal compagno del tempo e genitore biologico, Hank. Padre estraneo ha una nuova famiglia e frequenta la Chiesa e gli Alcolisti Anonimi, facendo da spalla a Sean in questo cammino verso la sobrietà. Apparentemente aiuta e offre rifugio alla figlia e alla nipote, ma non si scappa dal passato e ciò che è stato frantumato lascia crepe visibili. 

Non manca quella che credeva essere la sua migliore amica, che essendo conoscenza comune dice ad Alex – che vorrebbe il suo conforto- : ‘’Sono la Svizzera, ho sentito la tua versione, ma c’è anche quella di Sean’’.

Il punto cruciale è questo, Alex non ha lividi esterni da mostrare e la collettività pensa che non sia ferita.

La violenza emotiva lascia tumefatti all’interno e mette radici. Fortunatamente si possono estirpare e si può cercare una vita migliore, che non avrà acqua di cocco sulle mensole, ma potrà essere ricolma di amore.

La protagonista non vuole buttarsi in una nuova relazione, sarebbe facile appoggiarsi ad un uomo benestante ed approfittarne. Rimane fedele all’onestà del suo lavoro non rubando dalle case che sistema, come resta ferma nel voler essere indipendente.

Questa strada in salita non mancherà di alti e bassi, di strazianti soste e momenti felici. Di personaggi che cercano la redenzione, ma non sono abbastanza forti e si perdono durante il tragitto. Sarà satura di scelte difficili e di rami da potare per non far assorbire tutta la linfa vitale, di rischi da correre e energie da investire perché Alex punta al traguardo, che non è un ricco montepremi, ma una normale vita con Maddy. 


Vi invito a guardare Maid, e se siete alla ricerca di altre miniserie Netflix con protagoniste che affrontano particolari situazioni vi consiglio Unorthodox e Unbelievable.

Spero che questa recensione con mie riflessioni vi sia piaciuta!

Vi invito a lasciare un commento o condividere l’articolo.

Immagine tratta da Maid, su Google.

Michelle Pfeiffer: vita e curiosità

Il 29 aprile 1958, a Santa Ana, è nata l’attrice statunitense Michelle Marie Pfeiffer, riconosciuta come una vera e propria icona. Sono molti i film di successo nei quali ha recitato, ottenendo numerosi riconoscimenti che premiavano la sua bravura, la classe e il talento, anche se la sua prima ambizione era quella di diventare giornalista.

Studia recitazione presso la Beverly Hills Playhouse e inizia il suo percorso di recitazione partecipando con piccoli ruoli in serie televisive.

Michelle Pfeiffer debutta per il grande schermo nel 1980 con The Hollywood Knights anche se la sua fama comincerà a farsi strada dopo l’uscita di Scarface (1983). Proprio dopo aver recitato al fianco di Al Pacino la sua carriera continuerà a risplendere grazie a importanti ruoli in: Tutto in una notte (1985), Le streghe di Eastwick (1987), Le relazioni pericolose (1988), Batman – Il ritorno (1992), L’età dell’innocenza (1993), Wolf – La belva è fuori (1994), Un giorno… per caso (1996), Le verità nascoste (2000), Hairspray (2007), Dark Shadows (2012), Madre! (2017), Assassinio sull’Orient Express (2017), Ant- Man and the Wasp (2018) e Maleficent, signora del male (2019).

Mentre è nota la sua filmografia, ci sono alcune curiosità che caratterizzano la vita di Michelle Pfeiffer. L’attrice è stata sposata due volte: nel 1981 con il regista e attore Peter Horton e una seconda volta nel 1993 con il produttore David E. Kelley. Assieme a lui, nel 1994, avrà il primo figlio naturale, dopo aver già adottato una bambina.

Durante le riprese di Scarface, la Pfeiffer ha accidentalmente ferito Al Pacino causandogli un taglio durante una scena molto pericolosa e complicata. Allo stesso tempo, per interpretare al meglio un soggetto tossicodipendente, ha dovuto perdere molto peso per essere credibile agli occhi del pubblico. Nonostante alcune volte si fosse sentita priva di forze durante le riprese, tutto è riuscito al meglio.

Per quanto riguarda il film Ant-Man, Michelle Pfeiffer non era convinta di saper interpretare al meglio il ruolo che avrebbe dovuto calzare. Per lei erano stati scelti i panni della moglie di Michael Douglas, dispersa da tempo nell’universo quantico. Inizialmente scettica, l’attrice ha dovuto ricredersi e rivalutarsi sia per quanto riguarda la sua parte che tutta la riuscita del film. Ma non finisce qui, dopo aver partecipato anche al secondo capitolo del film, è stata entusiasta di partecipare alle riprese del terzo capitolo di Ant- Man.

Per quattro volte, la Pfeiffer ha interpretato un personaggio antagonista. Ci riferiamo a Maleficent (nei panni della regina Ingrid che vuole separare gli umani dalle creature fantastiche), Catwoman in Batman – Il ritorno, Velma Von Tussle in Hairspray e infine Lamia in Stardust.

Riguardo il suo lavoro di attrice, Michelle Pfeiffer ci racconta:

“Per molto tempo ho pensato di non potercela fare. Non avrei mai immaginato di diventare un’attrice di successo. Ogni volta penso che mi licenzieranno entro la prima settimana di lavoro oppure ancor prima di cominciare. Sono così in ansia da pensare di andare via ancor prima di cominciare. Ora però riesco a concedermi un po’ di auto-indulgenza. Mi guardo alle spalle e mi rallegro nel vedere i quarant’anni di carriera e i film memorabili a cui ho partecipato. Non ho sfruttato però la mia bellezza. Mi sono sempre sentita inadeguata”.

Fonte: https://www.cinematographe.it/rubriche-cinema/focus/michelle-pfeiffer-film/

Fonti: http://www.cinefilos.it; http://www.donnemagazine.it