Alla fine dello scorso mese l’aula del Senato ha respinto l’emendamento della Senatrice Maiorino che chiedeva la possibilità di adottare la differenza di genere nella comunicazione istituzionale scritta. La proposta ha ottenuto 152 voti favorevoli, 60 contrari e 16 astenuti. Il voto è stato segreto, quindi non possiamo sapere chi non ha votato a favore, a meno che non lo dichiari magari in un’intervista … vera o di fantasia!
Per giorni ho letto articoli, post, guardato video, ma proprio non sono riuscita a capacitarmi del perché sia avvenuta una cosa tanto anacronistica.
Ho fantasticato per giorni su quali potessero essere le motivazioni per cui votare no o addirittura astenersi, quindi una mattina a colazione ho dato il via ad un dibattito nel bar che frequento e dove conosco praticamente tutti gli avventori abituali di quell’orario: c’erano sia uomini che donne dai 40 anni fino agli 80. Quel che ne è emerso ha generato l’idea di riassumere il tutto in un’intervista di fantasia a due Senatori, uno che ha votato contrario e uno che si è astenuto.
Il parallelo è stato immediato, in quanto purtroppo siamo rappresentati da una classe politica che spesso incarna le chiacchere, sicuramente eterogenee, ma altrettanto becere di un bar.
Il primo Senatore, Ginetto, detto Giné, Miseo (chi ha studiato greco non me ne voglia per il gioco!) ha dichiarato di aver votato contro l’emendamento.
“Buongiorno Senator Miseo, posso farLe qualche domanda in merito alla votazione sulla parità di genere nella comunicazione istituzionale?”
“E perché viene a intervistare me? Perché ho votato contro? Pensa che io sia un maschilista? Io amo le donne! Certo sono un conservatore ma, voglio dire, non lo sa che il mio partito ha una presidente donna? Vada da quelli del PD, che magari scrivono “senatrice” ma è di dominio pubblico che nel loro partito il potere alle donne viene concesso centellinato, controllato e solo per premiare l’estrema fedeltà.”
“Senatore, non me ne voglia, ma Lei ha dichiarato di aver votato contro e quindi vorrei darLe l’opportunità di spiegare quali siano le Sue motivazioni.”
“Le motivazioni? Certo che gliele spiego. In Italia i problemi sono altri e ben più seri della “forma” con cui vengono scritti i documenti, ma se proprio di questo vogliamo parlare, lo sa che l’analfabetismo funzionale è dilagante? E cosa dovremmo fare? Complicare ancora di più le cose inserendo parole cacofoniche e inusuali?”
“Mah Senatore, l’analfabetismo funzionale esiste da molto tempo, è che ora attraverso la rete ha semplicemente trovato un megafono”
“Ah lei pensa questo? E’ tutta colpa della rete? A me non sembra proprio. E dunque non si rende conto che la lingua si sta trasformando, portando con sé un impoverimento lessicale e l’utilizzo di parole sempre più standardizzate, con un incremento e uno sdoganamento addirittura del turpiloquio persino in televisione? Ma Lei li vede i social? La guarda la tv? In che modo può essere collocata questa complicazione della declinazione femminile, tra l’altro non necessaria, quando dobbiamo rinforzare la conoscenza e l’uso dell’italiano di base?”
“Senatore concordo con Lei, che la scuola ha necessità di riforme, di aggiornare e potenziare sia la formazione degli studenti che quella degli insegnanti, ma consideri che l’introduzione della teoria delle argomentazioni nei programmi scolastici è ancora poco diffusa e di sicuro il turpiloquio è il primo rifugio di chi non sa argomentare. I social dove le persone non sono faccia a faccia lo agevolano sicuramente, ma il vostro ruolo istituzionale dovrebbe essere un faro, dovrebbe essere d’ispirazione per il popolo, non trova? Le riforme rispetto alla parità di genere sono fondamentali e ormai più che necessarie. Non pensa che la classe politica italiana sia ancora una classe di uomini bianchi, mentre il Paese è un altro, e questa mancanza di rappresentazione sia un problema sistemico e non è di certo colpa di chi non viene rappresentato?”
“Guardi Signora o Signorina non so, Lei sta manipolando questa intervista per farmi passare per un ignorante maschilista, se vuole usare paroloni li so usare anch’io il femminismo di Stato mette al centro la pratica della spartizione e della rivendicazione di quote, nient’altro. Tutto molto poco trasformativo e intrinsecamente subalterno. La naturale conseguenza è l’indignazione, come la sua, una postura che di nuovo lascia esattamente tutto com’è. La lascio citando Harvey Mansfield, emerito Professore di Filosofia Politica ad Harvard “Le differenze tra uomini e donne devono rimanere tali. Storicamente tutte le società sono state governate da uomini, unica eccezione la regina Elisabetta … le femministe mi fanno sempre perdere la pazienza. Sono così intolleranti” e aggiungo io, in particolare in questo momento storico, con i problemi come la guerra in Ucraina, la crisi energetica, il caro bollette, il Covid e la sanità. La saluto.”
“Senatore Antonio Pazzi, non scappi via, permette una domanda? Lei si è astenuto dal voto per la parità di genere nel linguaggio istituzionale…”
“Io? Astenuto? Mah io questo non lo credo.”
“Ma come Senatore lo ha dichiarato lei.”
“Ah, sì, via astenuto, non avendo un’idea chiara perché troppo impegnato in altri ben più seri problemi che affliggono l’Italia, ho preferito lasciar spazio a chi sa.”
“Ma come Senatore non ha un’idea chiara, che cosa significa? Che cosa non ha capito?”
“Ohhh. E mi lasci stare cosa vuole che le dica?”
“Senatore, niente di più o di meno di quello che pensa al riguardo.”
“Beh se proprio lo vuole sapere io un “farmacista” non lo chiamerò mai “farmacisto”, non violenterò mai la lingua italiana che è tra le più belle al mondo.”
“Ma Senatore, che esempio è? “Farmacisto” non è italiano, la parola “farmacista” è uguale sia al maschile che al femminile…”
“Ah si? Io non lo credo questo e comunque io mi faccio gli affari miei.”
THAT’S ALL FOLKS!
P.S.
Non me ne vogliate, è satira! (Forse!)