”Perché il femminismo serve anche agli uomini” di Lorenzo Gasparrini. Pt. 1

Dopo aver letto diversi mesi fa questo testo edito Eris, ho pensato che fosse importante parlarne per dipanare quella confusione che spesso aleggia riguardo al femminismo e alle sue riflessioni. Ho letto e sentito troppo spesso stereotipi -dati paurosamente per certi- della sorta di: ‘’il femminismo è vecchio/ è divisivo/ è come il maschilismo, ma al contrario/ è un’ideologia di represse, brutte, lesbiche che si vestono male/ dobbiamo essere tutti per l’uguaglianza non per la supremazia di un genere/ vogliono essere trattate come specie protette in stile WWF’’. Purtroppo è l’effetto dell’assoluto silenzio del mondo culturale italiano e della mancanza di interesse dei programmi scolastici al riguardo. In quanto è assente nei libri di testo la storia dei femminismi intesi come movimenti politici e culturali che hanno avuto un ruolo importantissimo in tanti settori della vita civile.

Gasparrini è un filosofo e dottore di ricerca in Estetica nonché attivista antisessista e nel suo lavoro sottolinea quanto il sessismo sia uno strumento, la tattica politica e sociale con la quale si attua l’oppressione patriarcale. Il concetto è più semplice di quanto sembri, la stragrande maggioranza delle cosiddette ‘’caratteristiche femminili’’ e al loro opposto le ‘’caratteristiche maschili’’ sono in realtà creazioni culturali che hanno costruito, e mirano a mantenere, una superiorità sociale. 

Il maschio alpha: l’inganno della libertà.

<<Questo è il privilegio: avere molti ostacoli sociali in meno, avere molte possibilità in più, solo per essere nati con un corpo e non con un altro . E anche poter uscire la sera senza doversi preoccupare di dove si va, in quale quartiere, se qualcuno può rimanere sempre con noi, se nel cellulare c’è un numero di emergenza, non è forse un privilegio?>>

L’illusione che grazie al loro genere non siano toccati da costrizioni e imposizioni si poggia su solide basi ovvero condizionamenti che fondano la ‘’normale’’ maschilità’’ e la ‘’naturale’’ identità maschile. Nell’abituale schema educativo maschile essi diventano cose da insegnare: essere sicuri di sè mostrando di non avere paura del giudizio degli altri; essere ambizioso e produttivo, senza dimenticare di avere spirito combattivo e non arrendersi mai; avere una forma fisica e un look curato per fare risaltare la solidità e lo stile; i bambini, i ragazzi e poi gli uomini devono imparare a trattenere le proprie emozioni perché gli uomini sono razionali; I maschi hanno ‘’bisogno’’ del sesso come una necessità fisiologica; gli inviti a farsi gli affari tuoi e ‘’rispetta’’ gli affari degli altri perché sono le donne ad essere pettegole.
Questi atteggiamenti si possono trasformare in una vera prigione emotiva, che spesso genera quei corti circuiti che danneggiano tutt*. Lo scopo di questo testo è una possibile alternativa agli attuali rapporti tra i generi, che vengono sempre più strumentalizzati per inutili e dannose contrapposizioni. Dire che il patriarcato fa male anche agli uomini non è una comparazione o una svalutazione delle lotte delle donne, è riflettere e soffermarsi per capire le criticità di un sistema di oppressioni che ingabbia in maniera diversa e parallela.
La visione politica dei femminismi non colpevolizza mai gli uomini in generale in quanto l’uso dell’attributo ‘’maschile’’ serve a caratterizzare un ruolo, una precisa identità rivestita di un potere opprimente più che i singoli individui che si trovano ad investire quella divisa.

<<La visione dei femminismi è precisamente ciò che manca alla totalità delle idee politiche tradizionali dell’occidente, da destra a sinistra: un posizionamento comune con la larga base della piramide di potere, quella oppressa e costretta, insieme a un posizionamento critico contro il vertice di quella piramide, quella che il potere lo gestisce.>>

Per risolvere le radici del problema è necessaria l’intersezionalità.

Già dalla fine degli anni ‘80 la sociologa Kimberlé Crenshaw inserì nei suoi studi il concetto di intersezionalità: l’identità di ciascun* si trova all’incrocio di piani diversi come il genere; la religione; l’etnia: il luogo di nascita; il reddito; la cultura di appartenenza; l’orientamento sessuale; l’appartenenza alla comunità disabile e altre ancora. 

Queste coordinate culturali sono pezzi che costruiscono la nostra identità nella quale agiscono forze e politiche diverse, che si concentrano nel nostro corpo. Esso risponde a quelle sollecitazioni in maniera diversa. Quando questi aspetti si trascurano non si possono porre delle reali critiche ai sistemi vigenti, insomma agire solo in certi luoghi e in certi tempi, verso certi linguaggi, solo contro determinate categorie di poteri, lascia inalterate la maggior parte di quelle forze e costrizioni.  Purtroppo molt* deducono che sostituire gli uomini nelle posizioni di potere con le donne basti come gesto risolutore per far andare meglio le cose. Il femminismo intersezionale mira a questo?

No, perché non sono solo i maschi cis ad agire e perpetuare il patriarcato, perchè questo è un sistema che crea ruoli di potere che possono essere indossati da chiunque.

Ci sono donne, uomini non etero, persone trans o non binarie che sono sessist*. 

Lo fanno perchè educat* da quei valori costruiti oppure perché vogliono godere dei vantaggi sociali e delle opportunità che esso offre. Possono essere sessiste le parole, i gesti, le opere intellettuali, che realizzino una discriminazione o un’oppressione alla luce di pregiudizi interiorizzati e fatti passare per ‘’naturale superiorità’’.

Gasparrini mira a uscire insieme da questi condizionamenti, riconoscendo che dietro le singole esperienze c’è uno stesso problema comune. Oltretutto la maschilità tradizionale, quelle finzioni mascherate da natura legate alla virilità, sono efficaci solamente per una ridotta porzione di uomini, al vertice di quella famosa piramide. La maggioranza si dibatte tra i falsi miti, una frustrazione delle proprie emozioni che a volte alcuni compensano con le meschinità esercitate su altr* più debol*. 

Non basta solo prendere consapevolezza del problema, bisogna cercare di attivarsi per risolverlo. Nella seconda parte del mio prossimo articolo ci occuperemo di come si possa agire concretamente per minare questi meccanismi fallaci. 

Spero di avervi incuriosit* e di ritrovarvi su questo blog!

Foto di Google.

Breve storia delle donne

Una bolla riveste pensieri luminosi. Li comprime sino a quando essi, privi di spazio, sfumano via come un disegno senza forma. Rimangono sul foglio candido, incapaci di manifestarsi fra le radici del cuore e imprimersi di inchiostro.

Per secoli, le donne non hanno avuto la possibilità di essere. Relegate in un angolo esiguo, hanno dovuto adattarsi al nulla, sottomesse a un ideale maschile misogino e autoritario. Sono state moglie e madri, anche quando il loro desiderio si orientava verso altro. Sono state costrette ad adempiere a rigidi doveri e a una morale subdola. 

Sui manuali di storia, il loro nome non compare quasi mai. Come se non esistessero, come se non avessero solcato, fiere, la terra. Gli alberi genealogici non riportano il nome femminile: esso tace, voce scevra di eco. Nelle scuole, le scrittrici studiate sono un numero esiguo.

Nella trasmissione dei beni, le femmine della famiglia potevano donare soltanto il corredo o i meravigliosi centrini, opere realizzate su stoffa. Questi erano gli unici strumenti che potevano trasmettere alle generazioni future, mero mezzo mediante il quale imprimere la loro memoria. Non disponevano di denaro, non potevano gestire neanche piccole somme. Erano senza ricordo per i posteri e senza indipendenza economica.

Jacky Fleming decide di raccontare le contraddizioni che le donne hanno dovuto subire, dei dolori a cui sono state sottoposte, agli ordini sciocchi e maschilisti ai quali hanno dovuto obbedire.

Nonostante il tema sia delicato e spinoso, l’autrice adopera un linguaggio tagliente ma ironico, suscitando sapide risate nel lettore. La Fleming spiega di come, nel corso del tempo, le donne siano state dimenticate, spesso cancellate dalla storia. Mette in risalto l’ingiustizia e non lo fa con toni aspri ma sinceri e veri. Ho molto apprezzato la volontà di trattare di un argomento spesso poco raccontato. Credo sia un libricino che vuole restituire dignità alle nostre antenate che, a causa del patriarcato, non hanno avuto la possibilità di creare una strada luminosa per sé. A mio avviso, la scrittrice si rivolge sia alle donne che agli uomini: alle prime vuole ricordare quanta strada ci sia ancora da fare e che non dobbiamo obliare ciò che è accaduto; ai secondi invece chiede di guardare per davvero, senza mettersi sulla difensiva.

La Fleming, dunque, riesce a creare un testo introspettivo, volto a un’analisi spietata riguardo epoche ancestrali. Nonostante i tempi siano ormai cambiati e la società progredisce sempre di più, ancora oggi le donne sono vittime di sessismo e violenza. Le femmine vengono uccise, dimenticate e svilite. Quel che avveniva un tempo, non è poi così lontano dall’oggi.

Consiglio di leggerlo anche ai bambini e alle bambine. Secondo me, è necessario educare i piccoli, sin da subito, alla parità. Sebbene sia un libro pensato per i più grandi, può essere oggetto di discussione con i nostri nipoti/figli/alunni. È sempre tempo per il femminismo, no?

Buona lettura!  

Ascolto femminista

Stamani, mentre sfogliavo un vecchio tomo di moda, ho pensato che, nell’effettivo, siamo portati a cambiare vesti metaforiche, spesso anche in modo velato e subdolo. Come un attore che sulla scena indossa abiti diversi a seconda del personaggio interpretato, anche noi tendiamo a mutare pelle, adattandoci al pensiero comune o a quello che più si lega al nostro sentire interiore. Ci ancoriamo a un sistema che, tante volte, favorisce il mantenimento di un privilegio ben radicato da secoli e non cerchiamo, quindi, di agevolare l’ingresso delle minoranze.

Tacito, negli Annales, ad esempio, racconta della rivolta dei soldati, guidati da Partenio.  Egli mette in rilievo come questi siano dei meri approfittatori volti a oziare e a sfruttare la situazione per ottenere dei tornaconti personali.

Egli, in sostanza, rivolgendosi al suo pubblico elitario, tenta di svilire la lotta dei soldati: non avvia un processo empatico, non tenta di comprendere se il loro malcontento sia effettivamente sintomatico di qualcosa, se esso abbia un fondamento di vero. In loro scorge soltanto bieche menzogne, rudi modi e arroganza plebea. Il realismo di cui si avvale Tacito è intriso di una forte vena moralista, una retorica elegante e artificiosa che sfoggia con l’assoluta volontà di colpire i soldati. Parteggia per il suo ceto sociale e tenta di svilire coloro che non ne fanno parte.

Un problema della nostra società è la mancanza di ascolto. Mi rendo conto che, quando i soggetti oppressi rivendicano i loro diritti chiedendo, dunque, un ausilio partecipato e vero, noi non riusciamo a “metterci nei loro panni”. Ci sembra, dunque, che quelle parole ci stiano strette e, non permettendoci di respirare, le strappiamo da vili, come fiore divelto dalla terra.

Ritengo che, per costruire una società equa, dove tutti possano trovar refrigerio, spazio e comprensione, sia necessario ascoltare. Bisogna cessare le ostilità e non farsi scudo spesso: durante l’esposizione delle storture sociali, dobbiamo avere il coraggio di prendere parte attiva nella realizzazione di un cambiamento positivo.

Mi rendo sempre più conto, infatti, che spesso, quando le femministe parlano e prendono una posizione netta su un argomento, pochi sono disposti a capire e ad accettare un cambiamento che, poi, nell’effettivo, porterebbe a un miglioramento della società. Ciò può avvenire, da una parte – come sostenevo anche prima – dalla mancanza di ascolto; dall’altra parte, invece, può essere dovuto al timore di perdere il proprio privilegio. Secondo me, si tende a sentirsi sopraffatti dalle novità che, piano piano, il femminismo sta introducendo e ciò genera confusione e spavento.

Eppure, se solo si cercasse di andare oltre la superficie, potremmo non solo ampliare le nostre conoscenze ma anche creare, tutti insieme, una società equa e adatta a ogni persona, a prescindere dal genere di appartenenza.

Se aneliamo a essere femministi, dobbiamo destarci dal torpore egoistico e dare risalto alle minoranze e ai soggetti oppressi. Mi rendo conto che tutto ciò possa apparire, a molti, come un discorso scontato e banale. In realtà, per esperienza, ho scoperto che ribadire ovvietà può servire ad aprire, poi, un dialogo nuovo e sentito.