Le Petit Prince, conosciuto nel nostro Paese come Il Piccolo Principe è un’opera tanto breve quanto intensa di Antoine de Saint-Exupéry, pubblicata il 6 aprile 1943. Essa vide per la prima volta la luce a New York e raggiunse invece la Francia due anni dopo, nel 1945, a seguito della scomparsa dell’autore.
Il Piccolo Principe, in tutta la sua forza poetica, può essere considerato un testo in grado di raggiungere lettori di tutte le età: sottoforma di racconto per ragazzi, riesce a trattare tematiche forti e universali quali l’amore, l’amicizia, il vero senso che si cela dietro la vita umana.
Il protagonista di questo libro è appunto il Piccolo Principe, un bambino dai capelli del colore del grano che si pone tantissime domande e finisce molto spesso per arrossire quando vorrebbe fornire delle risposte. La sfumatura delle sue guance equivale ad un “Si”. Come sostiene anche Nico Orengo:
“Una sfumatura d’acquerello sulle guance, un tocco intimo, impudico e pungente che vale come una conferma”.
Ogni capitolo di questo libro ci presenta un’avventura e un pianeta differente; parla dell’incontro fra il protagonista e personaggi in grado di rappresentare uno stereotipo della società contemporanea o un’allegoria volta a costituire un tassello importante per l’educazione sentimentale del Piccolo Principe ma anche e soprattutto del lettore.
Ci troviamo quindi di fronte ad una Rosa dal carattere difficile che ha contribuito alla sofferenza del protagonista; a un vecchio re che non fa altro se non impartire ordini nonostante sia l’unico abitante del suo regno; a un vanitoso che ama essere applaudito e ammirato senza una vera ragione; a un signore ubriaco che continua a bere pur di scordarsi questo suo vizio; a un uomo d’affari che vorrebbe possedere tutte le stelle del cielo; a un lampionaio che non può fare a meno di spegnere e accendere ogni minuto il lampione del proprio pianeta; a un geografo che non può conoscere davvero il proprio pianeta perché non possiede esploratori in grado di eseguire questa missione e, infine, a una volpe che chiede soltanto di poter essere addomesticata.
È su questo incontro in particolare che mi piacerebbe soffermarmi e chiedermi: che cosa significa sul serio essere addomesticati?
Quando il Piccolo Principe incontra la volpe per la prima volta non conosce il significato di “addomesticare”. Sarà quindi l’animaletto a fornire un’attenta spiegazione:
“È una cosa da molto dimenticata. Vuol dire creare dei legami… (…). Tu, fino a ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l’uno dell’altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo”.
Colpito dalle parole della volpe, il Piccolo Principe si avvicinerà all’animale poco alla volta, facendosi trovare presso lo stesso luogo, ogni giorno, alla stessa ora.
“Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice (…) ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore…”
La loro diventerà un’amicizia intensa, unica, destinata comunque a concludersi, perché il nostro protagonista deve continuare il suo viaggio e finirà per ammettere:
“Io non ti volevo fare del male, ma tu hai voluto che ti addomesticassi…”
“È vero”, disse la volpe.
“Ma piangerai!” disse il Piccolo Principe
“È certo”, disse la volpe.
“Ma allora che ci guadagni?”
“Ci guadagno” disse la volpe, “il colore del grano”.
Ed è così che, nonostante le belle emozioni, esistono situazioni che devono comunque andare incontro a una fine. Situazioni che lasciano un segno indelebile, tanto che la volpe rivedrà sempre il volto del suo nuovo amico nell’oro del grano, tanto simile ai capelli del bambino.
Allo stesso modo, anche Antoine de Saint-Exupéry è in grado di addomesticare il lettore. Entra nel suo cuore un poco alla volta, in punta di piedi, pagina dopo pagina. Come la volpe e il Piccolo Principe, il lettore sa che questa storia avrà una fine, ma ogni pianeta, ogni personaggio bislacco, ogni insegnamento, resteranno ancorati dentro l’animo. Non è un caso se, ogni volta, quando passiamo di fronte a una libreria e scorgiamo in copertina il ragazzino dai capelli biondi, la sciarpetta e il completino verde, ripetiamo mentalmente a memoria la stessa frase:
“Non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi”.